(G.U. 1° giugno 2001, n.126)
SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE: RIORDINAMENTO DEL SISTEMA DELLE ISTITUZIONI PUBBLICHE DI ASSISTENZA E BENEFICENZA, A NORMA DELL'ARTICOLO 10 DELLA LEGGE 8 novembre 2000, n. 328
Titolo I
Disposizioni generali
Capo I
Disposizioni generali
Art. 1
(Ambito di applicazione e
quadro generale di riferimento)
Il presente decreto legislativo
disciplina il riordino delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza,
già disciplinate dalla legge 17 luglio 1890, n. 6972, di seguito
denominate "istituzioni" nel quadro della realizzazione del sistema integrato
di interventi e servizi sociali di cui all'articolo 1 della legge 8 novembre
2000, n. 328, di seguito denominata "legge", in attuazione della delega
prevista dall'articolo 10.
Gli interventi e le attività
svolte dalle istituzioni riordinate a norma del presente decreto legislativo
si attuano nel rispetto dei principi dettati dalla legge e delle disposizioni
regionali.
Art. 2
(Criteri generali per l'inserimento
delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza nell'ambito della
rete degli interventi di integrazione sociale)
Le istituzioni di cui al presente
decreto legislativo che operano prevalentemente nel campo socio assistenziale
anche mediante il finanziamento di attività e interventi sociali
realizzati da altri enti con le rendite derivanti dalla gestione del loro
patrimonio sono inserite nel sistema integrato di interventi e servizi
sociali di cui all'articolo 22 della legge, nel rispetto delle loro finalità
e specificità statutarie.
Le Regioni disciplinano le modalità
di concertazione e cooperazione dei diversi livelli istituzionali con le
istituzioni e, in sede di programmazione dei servizi sociali e socio-sanitari,
allo scopo di determinare la pianificazione territoriale e di definire
gli interventi prioritari, le regioni definiscono:
le modalità di partecipazione
delle istituzioni e delle loro associazioni o rappresentanze, alle iniziative
di programmazione e gestione dei servizi;
l'apporto delle istituzioni al sistema
integrato di servizi sociali e socio-sanitari;
le risorse regionali eventualmente
disponibili per potenziare gli interventi e le iniziative delle istituzioni
nell'ambito della rete dei servizi.
Art. 3
(Criteri generali per diverse
tipologie di istituzioni)
Alle istituzioni che operano prevalentemente
nel settore scolastico si applicano, in presenza dei requisiti previsti,
le disposizioni del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16
febbraio 1990, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 23 febbraio
1990. Le Regioni disciplinano le residue ipotesi e regolano i rapporti
con i nuovi enti pubblici o privati nell'ambito delle deleghe di cui all'articolo
138 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
Gli enti equiparati alle istituzioni
dall'articolo 91 della legge 17 luglio 1890, n. 6972, vale a dire i conservatori
che non abbiano scopi educativi della gioventù, gli ospizi dei pellegrini,
i ritiri, eremi ed istituti consimili non aventi scopo civile o sociale,
le confraternite, confraterie, congreghe, congregazioni ed altri consimili
istituti deliberano la propria trasformazione in enti con personalità
giuridica di diritto privato senza sottostare ad alcuna verifica di requisiti.
Art. 4
(Disposizioni comuni)
Le istituzioni riordinate in aziende
di servizi o in persone giuridiche private a norma del presente decreto
legislativo conservano i diritti e gli obblighi anteriori al riordino.
Esse subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi delle istituzioni
pubbliche di assistenza e beneficenza di cui alla legge 17 luglio 1890,
n. 6972, dalle quali derivano.
Alle istituzioni riordinate in aziende
di servizi o in persone giuridiche private si applicano le disposizioni
contenute nell'art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre
1973, n. 601, alle condizioni ivi previste.
L'attuazione del riordino non costituisce
causa di risoluzione del rapporto di lavoro col personale dipendente che
alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo abbia in
corso un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Il personale dipendente
conserva i diritti derivanti dall'anzianità complessiva maturata
all'atto del riordino. Eventuali contratti di lavoro a termine sono mantenuti
fino alla scadenza.
In sede di prima applicazione, e
comunque fino al 31 dicembre 2003, gli atti relativi al riordino delle
istituzioni in aziende di servizi o in persone giuridiche di diritto privato
sono esenti dalle imposte di registro, ipotecarie e catastali, e sull'incremento
del valore degli immobili e relativa imposta sostitutiva.
I comuni, le province, le regioni
e le province autonome di Trento e Bolzano possono adottare nei confronti
delle istituzioni riordinate in aziende pubbliche di servizi alla persona
o in persone giuridiche di diritto privato, la riduzione e l'esenzione
dal pagamento dei tributi di loro pertinenza.
Alla tariffa, parte prima, allegata
al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro approvato
con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, sono
apportate le seguenti modificazioni:
all'articolo 1, dopo l'ottavo capoverso
è aggiunto il seguente: Se il trasferimento avviene a favore delle
istituzioni riordinate in aziende di servizi o in organizzazioni non lucrative
di utilità sociale ove ricorrano le condizioni di cui alla nota
II-quinquies. …. L. 250.000
Alle note è aggiunta la seguente:
"II-quinquies) A condizione che la istituzione riordinata in azienda di
servizio o in organizzazione non lucrativa di utilità sociale dichiari
nell'atto che intende utilizzare direttamente i beni per lo svolgimento
della propria attività e che realizzi l'effettivo utilizzo diretto
entro due anni dall'acquisto. In caso di dichiarazione mendace o di mancata
effettiva utilizzazione per lo svolgimento della propria attività
è dovuta l'imposta nella misura ordinaria nonché una sanzione
amministrativa pari al 30% dell'imposta stessa.
Dopo l'articolo 11-bis è
aggiunto il seguente: Art. 11- ter. Atti costitutivi e modifiche statutarie
concernenti le istituzioni riordinate in aziende di servizi o in persone
giuridiche private…. L. 250.000
La disciplina delle erogazioni liberali
prevista dall'articolo 13 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460,
relativa alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, è
estesa alle istituzioni riordinate in aziende di servizi.
Capo II
Aziende di servizi
Art. 5
(Aziende pubbliche di servizi
alla persona )
Le istituzioni che svolgono direttamente
attività di erogazione di servizi assistenziali sono tenute a trasformarsi
in aziende pubbliche di servizi alla persona e ad adeguare i propri statuti
alle previsioni del presente capo entro due anni dall'entrata in vigore
del presente decreto legislativo. Sono escluse da tale obbligo le istituzioni
nei confronti delle quali siano accertate le caratteristiche di cui al
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 16 febbraio 1990, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 23 febbraio 1990, recante "Direttiva
alle regioni in materia di riconoscimento della personalità giuridica
di diritto privato alle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza
a carattere regionale e infraregionale", o per le quali non ricorrano le
altre ipotesi previste dal presente decreto legislativo.
La trasformazione in azienda pubblica
di servizi alla persona è esclusa:
nel caso in cui le dimensioni dell'istituzione
non giustifichino il mantenimento della personalità giuridica di
diritto pubblico;
nel caso in cui l'entità
del patrimonio e il volume del bilancio siano insufficienti per la realizzazione
delle finalità e dei servizi previsti dallo statuto;
nel caso di verificata inattività
nel campo sociale da almeno due anni;
nel caso risultino esaurite o non
siano più conseguibili le finalità previste nelle tavole
di fondazione o negli statuti.
Le ipotesi di cui al comma 2 sono
definite dalle regioni sulla base di criteri generali previamente determinati
con atto di intesa da adottarsi in sede di Conferenza Unificata, acquisito
il parere delle associazioni o rappresentanze delle aziende pubbliche di
servizi alla persona e delle IPAB, tenendo comunque conto del territorio
servito dall'istituzione, della tipologia dei servizi e della complessità
delle attività svolte, del numero e della tipologia degli utenti
e di ogni altro elemento necessario per la classificazione delle istituzioni.
Nei casi di cui al comma 2, lettere
b) e c), l'istituzione può comunicare alla Regione, nel termine
di due anni dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo, un
piano di risanamento, anche mediante fusione con altre istituzioni, tale
da consentire la ripresa dell'attività nel campo sociale e il mantenimento
della personalità giuridica di diritto pubblico. In tal caso la
Regione, ove nell'ulteriore termine di 180 giorni il piano non abbia avuto
attuazione, promuove lo scioglimento dell'istituzione prevedendo la destinazione
del patrimonio nel rispetto delle tavole di fondazione o, in mancanza di
disposizioni specifiche, prioritariamente in favore di altre istituzioni
del territorio o dei comuni territorialmente competenti, possibilmente
aventi finalità identiche o analoghe.
Nel caso di cui al comma 2, lettera
d) la istituzione, ove disponga di risorse adeguate alla gestione di attività
e servizi in misura tale da giustificare il mantenimento della personalità
giuridica di diritto pubblico, nel termine di due anni dalla data di entrata
in vigore del presente decreto legislativo, può deliberare la modifica
delle finalità statutarie in altre finalità il più
possibile simili a quelle previste nelle tavole di fondazione, eventualmente
prevedendo anche la fusione con altre istituzioni del territorio e presentando
alla Regione il relativo piano. Ove nell'ulteriore termine di 180 giorni
il piano non abbia avuto attuazione la Regione promuove lo scioglimento
dell'istituzione provvedendo a destinarne il patrimonio con le modalità
di cui al comma 4.
Con l'atto d'intesa di cui al comma
3 le Regioni provvedono altresì a dettare criteri omogenei per la
determinazione dei compensi degli amministratori e dei direttori, in proporzione
alle dimensioni e alle tipologie di attività delle aziende. Detti
criteri sono aggiornati ogni tre anni.
I procedimenti per la trasformazione
delle istituzioni sono disciplinati dalle Regioni con modalità e
termini che ne consentano la conclusione entro il termine di 30 mesi dall'entrata
in vigore del presente decreto legislativo.
Alle istituzioni riordinate in aziende
di servizi si applicano le disposizioni fiscali di cui all'articolo 88,
comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986,
n. 917, e delle disposizioni, anche amministrative, di attuazione.
Art. 6
(Autonomia delle aziende pubbliche
di servizi alla persona)
L'azienda pubblica di servizi alla
persona non ha fini di lucro, ha personalità giuridica di diritto
pubblico, autonomia statutaria, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica
ed opera con criteri imprenditoriali. Essa informa la propria attività
di gestione a criteri di efficienza, efficacia ed economicità, nel
rispetto del pareggio di bilancio da perseguire attraverso l'equilibrio
dei costi e dei ricavi, in questi compresi i trasferimenti.
All'azienda pubblica di servizi
alla persona si applicano i principi relativi alla distinzione dei poteri
di indirizzo e programmazione dai poteri di gestione. Gli statuti disciplinano
le modalità di elezione o nomina degli organi di governo e di direzione
e i loro poteri, nel rispetto delle disposizioni del presente capo.
Nell'ambito della sua autonomia
l'azienda pubblica di servizi alla persona può porre in essere tutti
gli atti ed i negozi, anche di diritto privato, funzionali al perseguimento
dei propri scopi istituzionali e all'assolvimento degli impegni assunti
in sede di programmazione regionale. In particolare, l'azienda pubblica
di servizi alla persona può costituire società od istituire
fondazioni di diritto privato al fine di svolgere attività strumentali
a quelle istituzionali nonché di provvedere alla gestione ed alla
manutenzione del proprio patrimonio. L'eventuale affidamento della gestione
patrimoniale a soggetti esterni avviene in base a criteri comparativi di
scelta rispondenti all'esclusivo interesse dell'azienda.
Gli statuti disciplinano i limiti
nei quali l'azienda pubblica di servizi alla persona può estendere
la sua attività anche in ambiti territoriali diversi da quello regionale
o infraregionale di appartenenza.
Art. 7
(Organi di governo)
Sono organi di governo dell'azienda
pubblica di servizi alla persona il consiglio di amministrazione ed il
presidente, nominati secondo le forme indicate dai rispettivi statuti,
che determinano anche la durata del mandato e le modalità del funzionamento
del consiglio di amministrazione. Il presidente ha la rappresentanza legale
dell'azienda.
Gli statuti prevedono i requisiti
necessari per ricoprire le cariche di presidente o consigliere di amministrazione
sulla base dei criteri determinati con l'atto di intesa di cui all'articolo
5, comma 3.
Gli organi di governo restano in
carica per non più di due mandati consecutivi, salvo che lo statuto
non disponga diversamente.
Ai componenti gli organi di governo
dell'azienda si applicano le disposizioni di cui all'articolo 87 del decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Gli emolumenti spettanti ai componenti
gli organi di governo sono determinati, sulla base dei criteri definiti
dalla regione sulla base dell'atto di intesa di cui all'articolo 5, comma
3, con il regolamento di organizzazione dell'azienda, approvato dal consiglio
di amministrazione entro tre mesi dalla data del suo insediamento, sottoposto
ai controlli stabiliti dalla legge regionale.
Art. 8
(Funzioni degli organi di
governo)
Gli organi di governo dell'azienda
pubblica di servizi alla persona esercitano le funzioni di indirizzo, definendo
gli obiettivi ed i programmi di attività e di sviluppo e verificano
la rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa e della
gestione agli indirizzi impartiti.
Il consiglio di amministrazione
esercita le funzioni attribuite dallo statuto, e comunque provvede alla
nomina del direttore; alla definizione di obiettivi, priorità, piani,
programmi e direttive generali per l'azione amministrativa e per la gestione;
all'individuazione ed assegnazione al direttore delle risorse umane, materiali
ed economico-finanziarie da destinare al fine del raggiungimento delle
finalità perseguite; all'approvazione dei bilanci; alla verifica
dell'azione amministrativa e della gestione e dei relativi risultati e
l'adozione dei provvedimenti conseguenti; all'approvazione delle modifiche
statutarie ed i regolamenti interni.
Art. 9
(Gestione dell'azienda di
servizi e responsabilità del direttore)
La gestione dell'azienda pubblica
di servizi alla persona e la sua attività amministrativa sono affidate
ad un direttore, nominato, sulla base dei criteri definiti dallo statuto,
dal consiglio di amministrazione, anche al di fuori della dotazione organica,
con atto motivato in relazione alle caratteristiche ed all'esperienza professionale
e tecnica del prescelto. Può essere incaricato della direzione dell'azienda
anche un dipendente dell'azienda stessa non appartenente alla qualifica
dirigenziale, purchè dotato della necessaria esperienza professionale
e tecnica, per tipologie di aziende individuate in sede di formulazione
dei criteri generali di cui all'articolo 5, comma 3.
Il rapporto di lavoro del direttore
è regolato da un contratto di diritto privato di durata determinata
e comunque non superiore a quella del consiglio di amministrazione che
lo ha nominato, eventualmente rinnovabile, il cui onere economico è
stabilito dal regolamento di cui all'articolo 7, comma 5.
La carica di direttore è
incompatibile con qualsiasi altro lavoro, dipendente o autonomo, e la relativa
nomina determina per i lavoratori dipendenti il collocamento in aspettativa
senza assegni e il diritto alla conservazione del posto.
Il direttore è responsabile
del raggiungimento degli obiettivi programmati dal consiglio di amministrazione
e della realizzazione dei programmi e progetti attuativi e del loro risultato,
nonché della gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa dell'azienda,
incluse le decisioni organizzative e di gestione del personale dal punto
di vista organizzativo, di direzione, coordinamento, controllo, di rapporti
sindacali e di istruttoria dei procedimenti disciplinari.
Il consiglio di amministrazione,
servendosi degli strumenti di valutazione di cui al successivo articolo
10, adotta nei confronti del direttore i provvedimenti conseguenti al risultato
negativo della gestione e dell'attività amministrativa posta in
essere ed al mancato raggiungimento degli obiettivi. In caso di grave reiterata
inosservanza delle direttive impartite o qualora durante la gestione si
verifichi il rischio grave di un risultato negativo il consiglio di amministrazione
può recedere dal contratto di lavoro, secondo le disposizioni del
codice civile e dei contratti collettivi.
Art. 10
(Verifiche amministrative
e contabili)
Le aziende pubbliche di servizi
alla persona, nell'ambito della loro autonomia, si dotano degli strumenti
di controllo di regolarità amministrativa e contabile, di gestione,
di valutazione della dirigenza, di valutazione e controllo strategico di
cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286.
Lo statuto prevede un apposito organo
di revisione, ovvero l'affidamento dei compiti di revisione a società
specializzate, nei casi individuati dalle Regioni.
Art. 11
(Personale)
Il rapporto di lavoro dei dipendenti
delle aziende pubbliche di servizi alla persona ha natura privatistica
ed è disciplinato previa istituzione di un autonomo comparto di
contrattazione collettiva effettuata secondo i criteri e le modalità
di cui al titolo III del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e
successive modificazioni. Detto rapporto è disciplinato con modalità
e tipologie, anche inerenti a forme di flessibilità, tali da assicurare
il raggiungimento delle finalità proprie delle aziende medesime.
I requisiti e le modalità
di assunzione del personale sono determinati dal regolamento di cui all'articolo
7, comma 5, nel rispetto di quanto previsto in materia dai contratti collettivi,
adottando il metodo della programmazione delle assunzioni secondo quanto
previsto dall'articolo 39, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449,
e assicurando idonee procedure selettive e pubblicizzate.
Gli statuti debbono garantire l'applicazione
al personale dei contratti collettivi di lavoro.
Art. 12
(Adeguamento e approvazione
degli statuti e dei regolamenti di organizzazione)
Gli statuti delle aziende pubbliche
di servizi alla persona, ferme restando le originarie finalità statutarie,
sono adeguati, al fine della trasformazione, dagli organi di amministrazione
delle istituzioni stesse e sono inviati agli organi regionali competenti,
che li approvano nel termine e con le modalità previste dalle leggi
regionali. Successive modifiche degli statuti sono sottoposte alla stessa
procedura. Con la stessa procedura è altresì adottato e approvato
il regolamento di organizzazione dell'azienda di cui all'articolo 7, comma
5.
Art. 13
(Patrimonio)
Il patrimonio delle aziende pubbliche
di servizi alla persona è costituito da tutti i beni mobili ed immobili
ad esse appartenenti, nonché da tutti i beni comunque acquisiti
nell'esercizio della propria attività o a seguito di atti di liberalità.
All'atto della trasformazione le
istituzioni provvedono a redigere un nuovo inventario dei beni immobili
e mobili, segnalando alle Regioni gli immobili che abbiano valore storico
e monumentale e i mobili aventi particolare pregio artistico per i quali
si rendano necessari interventi di risanamento strutturale o di restauro.
I beni mobili e immobili che le
aziende di servizi destinano ad un pubblico servizio costituiscono patrimonio
indisponibile degli stessi, soggetto alla disciplina dell'articolo 828,
secondo comma, del codice civile. Il vincolo dell'indisponibilità
dei beni va a gravare: a) in caso di sostituzione di beni mobili per degrado
o adeguamento tecnologico, sui beni acquistati in sostituzione; b) in caso
di trasferimento dei servizi pubblici in altri immobili appositamente acquistati
o ristrutturati, sui nuovi immobili. I beni immobili e mobili sostituiti
entrano automaticamente a fare parte del patrimonio disponibile. Le operazioni
previste dal presente comma sono documentate con le annotazioni previste
dalle disposizioni vigenti.
Gli atti di trasferimento a terzi
di diritti reali su immobili sono trasmessi alla Regione, la quale può
richiedere chiarimenti -limitatamente ai casi in cui non sia contestualmente
documentato il reinvestimento dei relativi proventi- entro il termine di
trenta giorni dalla ricevuta comunicazione, decorso inutilmente il quale
gli atti acquistano efficacia. Ove la Regione chieda chiarimenti, il termine
di sospensione dell'efficacia degli atti è prorogato fino al trentesimo
giorno decorrente dalla data in cui le aziende li hanno forniti. Gli atti
non acquistano efficacia ove la Regione vi si opponga in quanto l'atto
di trasferimento risulti gravemente pregiudizievole per le attività
istituzionali dell'azienda di servizi. In tal caso la Regione adotta provvedimento
motivato entro il termine predetto.
I trasferimenti di beni a favore
delle aziende di servizi da parte dello Stato e di altri enti pubblici,
in virtù di leggi e provvedimenti amministrativi, sono esenti da
ogni onere relativo a imposte e tasse, ove i beni siano destinati all'espletamento
di pubblici servizi.
Art. 14
(Contabilità)
Le Regioni, a norma dell'art. 10,
comma 3, della legge, definiscono i criteri generali in materia di contabilità
delle aziende pubbliche di servizi alla persona, prevedendo la possibilità
di utilizzare procedure semplificate per la conclusione dei contratti per
l'acquisizione di forniture di beni e di servizi di valore inferiore a
quello fissato dalla specifica normativa comunitaria e di quella interna
di recepimento, nonché disposizioni per la loro gestione economico-finanziaria
e patrimoniale, informate ai principi di cui al codice civile, prevedendo,
tra l'altro:
l'adozione del bilancio economico
pluriennale di previsione nonché del bilancio preventivo economico
annuale relativo all'esercizio successivo;
le modalità di copertura
degli eventuali disavanzi di esercizio;
la tenuta di una contabilità
analitica per centri di costo e responsabilità che consenta analisi
comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati;
l'obbligo di rendere pubblici, annualmente,
i risultati delle proprie analisi dei costi, dei rendimenti e dei risultati
per centri di costo e responsabilità;
il piano di valorizzazione del patrimonio
immobiliare anche attraverso eventuali dismissioni e conferimenti.
Alle aziende pubbliche di servizi
alla persona si applica l'articolo 5, comma 7, del decreto legislativo
30 dicembre 1992, n. 502, come sostituito dall'articolo 5, comma 1, del
decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229.
Le aziende pubbliche di servizi
alla persona sono sottoposte ai controlli successivi sull'amministrazione
e ai controlli sulla qualità delle prestazioni disciplinati dalle
leggi regionali.
Per conferire struttura uniforme
alle voci dei bilanci pluriennali e annuali e dei conti consuntivi annuali,
nonché omogeneità ai valori inseriti in tali voci e per consentire
alle Regioni rilevazioni comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati,
è predisposto, entro tre mesi dall'entrata in vigore del presente
decreto legislativo, apposito schema, con decreto interministeriale emanato
di concerto fra i Ministri del tesoro e della famiglia, previa intesa con
la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome, sentite le associazioni nazionali di rappresentanza delle aziende
pubbliche di servizi alla persona.
Le Regioni disciplinano le procedure
per la soppressione e la messa in liquidazione delle aziende pubbliche
di servizi alla persona che si trovano in condizioni economiche di grave
dissesto, sulla base dei principi desumibili dalla legge 4 dicembre 1956,
n. 1404 e successive modificazioni.
Art. 15
(Ipab che svolgono attività
indiretta in campo socio assistenziale mediante destinazione delle rendite
derivanti dall'amministrazione)
Le istituzioni che alla data di
entrata in vigore del presente decreto legislativo svolgono indirettamente
attività socio assistenziale mediante l'erogazione, ad enti e organismi
pubblici e privati operanti nel settore, delle rendite derivanti dall'attività
di amministrazione del proprio patrimonio e delle liberalità ricevute
a tal fine, ed hanno natura originariamente pubblica possono, qualora gli
statuti e le tavole di fondazione prevedano anche l'erogazione diretta
di servizi e qualora le loro dimensioni consentano il mantenimento della
personalità giuridica di diritto pubblico, trasformarsi in azienda
di servizi. Ove gli organi di governo deliberino la trasformazione, nel
termine di due anni dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo
tali istituzioni adeguano gli statuti alle disposizioni del presente capo
ed attivano gli interventi e servizi sociali coerenti con le loro finalità.
Le istituzioni di cui al comma 1,
qualsiasi sia la loro originaria natura, qualora a norma dell'articolo
5 debba escludersi la loro trasformazione in azienda pubblica di servizi
alla persona, si trasformano in fondazioni di diritto privato. A tali fondazioni
si applicano le disposizioni di cui al capo III.
Capo III
Persone giuridiche di diritto
privato.
Art. 16
(Trasformazione in persone
giuridiche di diritto privato)
Le istituzioni per le quali siano
accertati i caratteri o l'ispirazione di cui all'articolo 5, comma 1, quelle
per le quali i criteri di cui all'articolo 5, comma 1 e il presente decreto
legislativo escludano la possibilità di trasformazione in azienda
pubblica di servizi alla persona, provvedono alla loro trasformazione in
associazioni o fondazioni di diritto privato, disciplinate dal codice civile
e dalle disposizioni di attuazione del medesimo, nel termine di due anni
dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo. La trasformazione
si attua nel rispetto delle originarie finalità statutarie.
Decorso inutilmente il termine di
cui al comma 1, le Regioni nominano un commissario che provvede alla trasformazione;
per le IPAB che operano in più Regioni la nomina è effettuata
d'intesa dalle Regioni interessate. Decorsi sei mesi dalla scadenza del
termine di cui al comma 1 senza che le Regioni abbiano provveduto alla
nomina del commissario, essa è effettuata dal prefetto del luogo
in cui l'istituzione ha la sede legale.
Le associazioni e fondazioni di
cui al comma 1 sono persone giuridiche di diritto privato senza fine di
lucro, dotate di piena autonomia statutaria e gestionale e perseguono scopi
di utilità sociale, utilizzando tutte le modalità consentite
dalla loro natura giuridica.
La Regione, quale autorità
governativa competente, esercita il controllo e la vigilanza ai sensi degli
articoli 25 e 27 del codice civile.
Ai procedimenti per l'acquisizione
della personalità giuridica di diritto privato da parte delle istituzioni,
dopo l'esaurimento dei procedimenti di accertamento delle caratteristiche
che consentono la trasformazione, disciplinati dalle Regioni, si applicano
le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio
2000, n. 361. Alla domanda di registrazione vanno allegati l'atto costitutivo
o istitutivo della istituzione e la deliberazione di trasformazione contenente
lo Statuto del nuovo ente.
Art. 17
(Revisione statutaria)
La trasformazione in persone giuridiche
di diritto privato, nel rispetto delle tavole di fondazione e delle volontà
dei fondatori, avviene mediante deliberazione assunta dall'organo competente,
nella forma di atto pubblico contenente lo statuto, che espressamente deve
disciplinare:
le modalità di impiego delle
risorse anche a finalità di conservazione, valorizzazione e implementazione
del patrimonio;
la possibilità del mantenimento,
della nomina pubblica dei componenti degli organi di amministrazione già
prevista dagli statuti, esclusa comunque ogni rappresentanza;
la possibilità, per le fondazioni,
che il consiglio di amministrazione, che deve comunque comprendere le persone
indicate nelle originarie tavole di fondazione in ragione di loro particolari
qualità, possa essere integrato da componenti designati da enti
pubblici e privati che aderiscano alla fondazione con il conferimento di
rilevanti risorse patrimoniali o finanziarie;
la possibilità, per le associazioni,
di mantenere tra gli amministratori le persone indicate nelle originarie
tavole di fondazione in ragione di loro particolari qualità, a condizione
che la maggioranza degli amministratori sia nominata dall'assemblea dei
soci, in ossequio al principio di democraticità.
Nello statuto sono altresì
indicati i beni immobili e i beni di valore storico e artistico destinati
dagli statuti e dalle tavole di fondazione alla realizzazione dei fini
istituzionali e sono individuate maggioranze qualificate per l'adozione
delle delibere concernenti la dismissione di tali beni contestualmente
al reinvestimento dei proventi nell'acquisto di beni più funzionali
al raggiungimento delle medesime finalità, con esclusione di qualsiasi
diminuzione del valore patrimoniale da essi rappresentato, rapportato ad
attualità.
Lo statuto può prevedere
che la gestione del patrimonio sia attuata con modalità organizzative
interne idonee ad assicurare la sua separazione dalle altre attività
dell'ente.
Art. 18
(Patrimonio)
Il patrimonio delle persone giuridiche
di diritto privato di cui al presente Capo è costituito dal patrimonio
esistente all'atto della trasformazione e dalle successive implementazioni.
Ciascuna istituzione, all'atto della trasformazione, è tenuta a
provvedere alla redazione dell'inventario, assicurando che sia conferita
distinta evidenziazione ai beni espressamente destinati dagli statuti e
dalle tavole di fondazione alla realizzazione degli scopi istituzionali.
I beni di cui all'articolo 17, comma
2, restano destinati alle finalità stabilite dalle tavole di fondazioni
e dalle volontà dei fondatori, fatto salvo ogni altro onere o vincolo
gravante sugli stessi ai sensi delle vigenti disposizioni e fatte salve
le ipotesi di cui all'articolo 17, comma 2.
Gli atti di dismissione, di vendita
o di costituzione di diritti reali su beni delle persone giuridiche private
originariamente destinati dagli statuti e dalle tavole di fondazione delle
istituzioni alla realizzazione delle finalità istituzionali sono
inviati alle Regioni, che ove ritengano la deliberazione in contrasto con
l'atto costitutivo o lo statuto, la inviano al pubblico ministero per l'esercizio
dell'azione di cui all'articolo 23 del codice civile.
Capo IV
Fusioni
Art. 19
(Rinvio alla disciplina regionale)
Le Regioni, al fine di incentivare
e potenziare la prestazione di servizi alla persona nelle forme dell'azienda
pubblica di servizi alla persona di cui al presente decreto, stabiliscono,
nell'ambito di livelli territoriali ottimali previamente individuati nelle
sedi concertative di cui all'articolo 2, comma 3, i criteri per la corresponsione
di contributi ed incentivi alle fusioni di più istituzioni.
Allo scopo di favorire il processo
di riorganizzazione, le Regioni possono disciplinare procedure semplificate
di fusione e istituire forme di incentivazione anche iscrivendo nel proprio
bilancio un apposito fondo a cui destinare una quota delle risorse di cui
all'articolo 4 della legge.
In caso di fusione, lo statuto dell'azienda
che da essa deriva prevede il rispetto delle finalità istituzionali
disciplinate dagli originari statuti e tavole di fondazione anche per quanto
riguarda le categorie dei soggetti destinatari dei servizi e degli interventi
e dell'ambito territoriale di riferimento.
Lo statuto dell'azienda derivante
dalla fusione prevede che una parte degli amministratori sono nominati
dagli enti locali sui quali l'azienda insiste.
Le fusioni, gli accorpamenti, le
trasformazioni e l'estinzione delle aziende pubbliche di servizio alla
persona sono soggetti ai controlli stabiliti dalle Regioni.
Capo IV
Disposizioni varie.
Art. 20
(Poteri sostitutivi)
Qualora la Regione rilevi una accertata
inattività che comporti sostanziale inadempimento alle previsioni
che dispongono la trasformazione delle istituzioni, assegna al soggetto
inadempiente un congruo termine per provvedere in tal senso, decorso infruttuosamente
il quale, sentito il soggetto medesimo, nomina un commissario che provvede
in via sostitutiva.
Le Regioni disciplinano l'intervento
sostitutivo nei casi di gravi violazioni di legge, di statuto o di regolamento,
di gravi irregolarità nella gestione amministrativa e patrimoniale
delle aziende pubbliche di servizi alla persona, nonché di irregolare
costituzione dell'organo di governo.
Art. 21
(Disposizione transitoria)
A norma dell'articolo 30 della legge,
alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo è
abrogata la disciplina relativa alle IPAB prevista dalla legge 17 luglio
1890, n. 6972 e dai relativi provvedimenti di attuazione. Nel periodo transitorio
previsto per il riordino delle istituzioni, ad esse seguitano ad applicarsi
le disposizioni previgenti, in quanto non contrastanti con i principi della
libertà dell'assistenza, con i principi della legge e con le disposizioni
del presente decreto legislativo.
Art. 22
(Regioni a statuto speciale
e Province autonome di Trento e Bolzano)
Le Regioni a statuto speciale e
le Province autonome di Trento e Bolzano provvedono ai sensi degli statuti
di autonomia e delle relative norme di attuazione.
RELAZIONE ILLUSTRATIVA
Lo schema di decreto legislativo
che si rassegna all'esame del Consiglio dei Ministri si propone di dare
attuazione alla delega di cui all'articolo 10 della legge n. 328 del 2000,
legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e
servizi sociali.
La disciplina delle IPAB risale
alla legge 17 luglio 1890, n. 6972, che assorbì nell'unica tipologia
giuridica dell'istituzione di assistenza e beneficenza di diritto pubblico
le multiformi tipologie di enti assistenziali, caritativi ed educativi
allora esistenti, anche se sorti e sorretti dall'iniziativa privata.
Nel corso del secolo appena concluso,
le IPAB hanno subito molti interventi legislativi, tutti tesi, anche se
con modalità profondamente diverse, a liberare le istituzioni dai
vincoli nei quali la disciplina pubblicistica le aveva relegate. In un
primo tempo è prevalso l'indirizzo politico e legislativo che intendeva
affidare alle comunità locali le risorse delle IPAB, facendo leva
sulla loro natura pubblica, perché queste fossero utilizzate a vantaggio
della collettività. L'articolo 25 del D.P.R. n. 616 del 1977 fu
però in parte eliminato dalla Corte Costituzionale con la sentenza
17 - 30 luglio 1981, n. 173, concernente le IPAB infraregionali, non assimilabili
automaticamente, secondo la Corte, a istituzioni di carattere locale.
La svolta definitiva è stata
impressa dalla sentenza della Corte Costituzionale 24 marzo - 7 aprile
1988, n. 396, che ha aperto la via alla trasformazione delle IPAB che ne
avessero i requisiti in associazioni e fondazioni di diritto privato, recuperando
la vera identità di tutti quegli enti che hanno dovuto assumere
la personalità di diritto pubblico non per volontà dei fondatori
ma per obbligo di legge. Tale pronuncia è stata sicuramente preparata
dalle trasformazioni subite dall'ordinamento italiano negli ultimi decenni
del 1900, in forza delle quali hanno trovato spazio e legittimazione enti
assistenziali di diritto privato (comunità terapeutiche, organizzazioni
di volontariato, fondazioni, etc.). Grazie a tali trasformazioni l'identificazione
delle attività di assistenza e beneficenza con le IPAB ha subito
una progressiva attenuazione, fino a scomparire praticamente del tutto.
E' pertanto maturata la consapevolezza
della necessità di un intervento legislativo organico, che sistemi
definitivamente la materia, riconducendo al diritto pubblico o al diritto
privato i soggetti che per natura, per dimensioni e per ispirazione, possano
essere identificati come appartenenti all'una o all'altra tipologia.
Ciò in effetti si propone
di fare la delega contenuta nell'articolo 10, alla quale si intende dare
attuazione con le modalità contenute nel presente schema di decreto
legislativo.
Prima di approfondire il contenuto
delle singole disposizioni è necessario sottolineare che l'articolo
30 comma 2 della legge quadro n. 328 del 2000 dispone espressamente l'abrogazione
della disciplina relativa alle IPAB prevista dalla legge 17 luglio 1890,
n. 6972. Da ciò discende che la delega, benché prevalentemente
rivolta al riordino delle IPAB che operano in campo socio - assistenziale,
deve essere interpretata nel senso che il riordino riguarda tutte le istituzioni
da quella legge disciplinate. Tale interpretazione risulta rafforzata dalla
stessa lettera dell'articolo 10, nel quale le IPAB che operano in campo
socio - assistenziale sono espressamente menzionate solo alla lettera a),
mentre tutte le lettere che seguono si riferiscono alla tipologia IPAB
senza ulteriori specificazioni.
L'articolo 1 dello schema intende
sottolineare che il riordino delle IPAB non è un'operazione staccata
dal contesto della riforma dei servizi sociali, ma che gli enti riordinati
vanno a far parte, a pieno titolo, della rete integrata dei servizi, divenendone
soggetti attivi e responsabili.
L'articolo 2 ribadisce tale impostazione,
inserendo nel sistema integrato le istituzioni in esame che operano prevalentemente
nel campo socio - assistenziale anche mediante il finanziamento di attività
e interventi sociali realizzati da altri enti con le rendite derivanti
dalla gestione del loro patrimonio. Si affida, inoltre, alle Regioni il
compito di individuare le modalità di concertazione e di cooperazione
dei diversi livelli istituzionali con le IPAB riordinate, al fine del loro
inserimento nella rete dei servizi fin dal momento della loro programmazione.
In questa ottica le Regioni devono, dunque, definire le modalità
di partecipazione delle istituzioni alla programmazione e alla gestione
dei servizi, il loro apporto al sistema integrato e le risorse regionali
eventualmente disponibili da utilizzare per rafforzare il loro intervento.
La recente istituzione dei distretti socio - sanitari impone comunque un
rinvio alla programmazione sanitaria per quegli enti che operano prevalentemente
nel campo socio - sanitario.
L'articolo 3 sancisce l'applicabilità
alle istituzioni che operano prevalentemente nel settore scolastico (che
costituiscono, numericamente, la seconda grande tipologia in cui si articolano
le istituzioni) delle disposizioni del decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri 16 febbraio 1990. Inoltre, si liberano definitivamente dalla
imposizione della personalità giuridica di diritto pubblico, senza
alcuna verifica di requisiti, tutti quegli enti, di origine e natura religiosa,
che l'articolo 91 della legge del 1890 aveva equiparato alle IPAB. Rispetto
a tali enti si deve ricordare che già la legge 20 maggio 1985, n.
222 in materia di riordino degli enti ecclesiastici ("Disposizioni sugli
enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico
in servizio nelle diocesi") ha fatto molta chiarezza. La disposizione si
pone, pertanto, come residuale rispetto ad antiche istituzioni che eventualmente
mantengano la natura di enti equiparati.
L'articolo 4 garantisce che il riordino
non determini interruzioni nei rapporti obbligatori e di lavoro e che non
comporti peggioramenti della situazione fiscale degli enti riordinati.
In sede di prima applicazione, inoltre, il riordino è esente dalle
imposte di registro, ipotecarie o catastali sull'incremento del valore
degli immobili e relativa imposta sostitutiva. In questa ottica anche le
Regioni e gli Enti locali possono adottare riduzioni o esenzioni dal pagamento
dei tributi di loro pertinenza. L'articolo in esame apporta, poi, alcune
modifiche alla tariffa, parte prima, allegata al Testo Unico delle disposizioni
concernenti l'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131. Infine, si estende alle istituzioni
riordinate la disciplina delle erogazioni liberali prevista dall'articolo
13 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460.
L'articolo 5 disciplina i casi in
cui è mantenuta la personalità di diritto pubblico mediante
la trasformazione in aziende pubbliche di servizi alla persona. Sulla base
dei criteri generali previamente determinati con atto di intesa adottato
in sede di Conferenza Unificata e acquisito il parere delle associazioni
o rappresentanze delle aziende pubbliche di servizi alla persona, le Regioni
specificano le ipotesi (dimensioni che non giustifichino il mantenimento
della personalità di diritto pubblico, insufficienza di mezzi, inattività
nel campo sociale per almeno due anni, esaurimento o impossibilità
del raggiungimento delle finalità previste) nelle quali tale mantenimento
deve
essere escluso. Si prevede anche la possibilità, per gli enti con
patrimonio insufficiente o quiescenti da due anni, di adottare piani di
risanamento che consentano la ripresa dell'attività in campo sociale
e il mantenimento della personalità giuridica di diritto pubblico.
Nelle ipotesi, invece, di raggiungimento delle finalità istituzionali
o di impossibilità di realizzarle è consentito deliberare
la modifica in finalità similari, ove l'istituzione disponga di
risorse adeguate alla gestione di attività e servizi, in misura
tale da giustificare il mantenimento della personalità giuridica
di diritto pubblico.
Gli articoli da 6 a 14 disciplinano
la natura, l'autonomia, il governo, la gestione, i controlli, il personale,
il patrimonio, la contabilità delle aziende, dettando taluni principi
che potranno essere ulteriormente approfonditi dalle leggi regionali. Si
tratta di disposizioni che intendono preservare le finalità fondative,
impedire la disgregazione dei patrimoni, garantire la serietà della
gestione, consentire che il rapporto di lavoro del personale che gestisce
servizi delicati come quelli che si rendono alle singole persone sia disciplinato
da contratti collettivi che ne riconoscano e ne valorizzino le peculiarità.
In particolare si prevede la distinzione dei poteri di indirizzo e di programmazione,
affidati agli organi di governo (consiglio di amministrazione e presidente),
da quelli di gestione, spettanti al direttore, responsabile del raggiungimento
degli obiettivi programmati, della realizzazione dei programmi predisposti
e della gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa dell'azienda e
sottoposto a valutazione dal consiglio di amministrazione. Da sottolineare,
ancora, la sottoposizione delle aziende pubbliche di servizi alla persona
ai controlli successivi sull'amministrazione e ai controlli sulla qualità
delle prestazioni, disciplinati dalle leggi regionali. E' prevista, inoltre,
la successiva redazione di un decreto interministeriale per dare omogeneità
alle voci dei bilanci pluriennali e annuali e dei conti consuntivi annuali
e per consentire rilevazioni comparative.
L'articolo 15 garantisce alle istituzioni
che operano con la metodologia della beneficenza la possibilità
di mantenere la personalità di diritto pubblico, trasformandosi
in aziende pubbliche di servizi alla persona, a condizione che riattivino
le attività assistenziali dismesse. In via alternativa, qualora
a norma dell'articolo 5 tale mutamento non sia possibile, devono trasformarsi
in fondazioni di diritto privato. La scelta della tipologia "fondazione"
è strettamente collegata all'esistenza di un patrimonio con rendite
destinate alla beneficenza, che sembra non compatibile con la tipologia
dell'"associazione".
Gli articoli da 16 a 18 disciplinano
la trasformazione delle IPAB in persone giuridiche di diritto privato.
L'articolo 16 prevede tale trasformazione per le istituzioni già
individuate dalla ricordata sentenza della Corte Costituzionale e per quelle
per le quali il decreto legislativo esclude la possibilità di mantenimento
della personalità giuridica di diritto pubblico (IPAB individuate
dalle Regioni sulla base dei criteri di cui all'articolo 5, enti parificati,
IPAB assistenziali). Poiché la tipologia giuridica "IPAB" scompare,
la trasformazione è obbligatoria e deve avvenire nel termine di
due anni. Nel caso di inutile decorso di tale termine, le Regioni con potere
sostitutivo (o in caso di loro inerzia il prefetto del luogo in cui l'istituzione
ha la sede legale) provvedono alla trasformazione attraverso un commissario
ad acta. Alle istituzioni trasformate in persone giuridiche di diritto
privato si applicano le disposizioni del codice civile.
L'articolo 17 prevede che all'atto
della trasformazione le istituzioni diano una serie di garanzie statutarie
sull'attività, sul rispetto delle originarie finalità, sulla
tutela dei patrimoni, sul rapporto di lavoro del personale. La stessa trasformazione
deve avvenire con deliberazione assunta dall'organo competente nella forma
di atto pubblico contenente lo statuto.
L'articolo 18 individua il patrimonio
delle persone giuridiche di diritto privato risultanti dalla trasformazione
delle IPAB in quello esistente all'atto della trasformazione e nelle sue
successive implementazioni e impone alle istituzioni la redazione dell'inventario,
evidenziando i beni espressamente destinati dagli statuti e dalle tavole
di fondazione alla realizzazione degli scopi istituzionali.
L'articolo 19 affida alle Regioni
il compito di individuare i criteri per la corresponsione di contributi
e incentivi alle fusioni di più istituzioni, allo scopo di potenziare
la loro attività in campo sociale. In questa ottica le Regioni possono
anche individuare procedure semplificate di fusioni e istituire apposite
forme di incentivazione nel proprio bilancio. Infine tutte le operazioni
in esame (fusioni, accorpamenti, trasformazioni ed estinzioni) relative
alle aziende pubbliche di servizi alla persona sono soggette ai controlli
stabiliti dalle Regioni.
L'articolo 20 prevede il ricorso
ad un commissario ad acta nominato dalle Regioni nelle ipotesi di inadempimento
alle previsioni che dispongono l'obbligatoria trasformazione delle istituzioni;
nei casi di gravi violazioni di legge, di statuto e di regolamento, di
gravi irregolarità nella gestione amministrativa e patrimoniale
e di irregolare costituzione dell'organo di governo il legislatore rimette
alle Regioni il compito di disciplinare le modalità di intervento
sostitutivo.
L'articolo 21 detta una disposizione
transitoria che consente di coordinare la prevista abrogazione della legge
del 1890 dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo col termine
di due anni per la trasformazione, assegnato dalla disposizione di delega.
L'articolo 22 prevede una specifica
disposizione relativa alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome
di Trento e Bolzano, le quali provvedono ai sensi degli statuti di autonomia
e delle relative norme di attuazione.