CONVERSAZIONE CON VITO INTINO. Intervista su riforma TS e esperienze di sussidiarietà in Puglia
Il terzo settore non deve essere solo un esecutore, ma un interlocutore della pubblica amministrazione e soprattutto il protagonista di un nuovo modello economico incentrato sulla persona. Ma gli è riconosciuto questo ruolo?
Ma come Terzo Settore, siamo in grado di essere più propositivi rispetto alle istituzioni che spesso si riducono ad essere stazioni appaltanti, in una logica di bandi, non solo spesso al massimo ribasso, ma che non fanno crescere l’economia sociale, una diversa economia.
In questa intervista che abbiamo fatto mentre iniziava a montare la seconda ondata del Covid-19, un incontro con Vito Intino, che ha una lunga esperienza in materia: già segretario generale delle Acli nazionali, consulente del Ministero per il lavoro, portavoce del Forum regionale del Terzo Settore.
Per Intino finalmente il puzzle della Riforma nazionale del Terzo Settore va componendosi: il Registro Unico Nazionale va finalmente avviandosi, ma soprattutto i confini giuridici ed operativi per chi vuole impegnarsi sono più chiari, la Riforma permette allora di uscire dal “genericismo”, che per molto tempo ha assediato il campo. Anche se “per molte persone non è ancora chiaro”: c’è ancora molta confusione, come sulle “onlus” (che la riforma abolisce).
Non ne è immune il popolo della solidarietà pugliese, nel suo articolato sistema, meno presente che in altre regioni ma pur sempre rilevante. Bisogna riscrivere la normativa regionale nata prima della riforma, bisogna investire in formazione e cultura, per promuovere una nuova economia, un’economia sociale che metta al centro le persone.
Questo e molto altro in questa conversazione, purtroppo un po’ disturbata da una connessione internet che ci ha costretto ad alcuni interventi: quasi una metafora delle difficoltà di buona parte del Mezzogiorno, e un buon esempio di fragilità delle infrastrutture fisiche e immateriali (oltre che sociali, naturalmente) di cui abbiamo urgente bisogno. Ce ne scusiamo con l’intervistato.
Ma come Terzo Settore, siamo in grado di essere più propositivi rispetto alle istituzioni che spesso si riducono ad essere stazioni appaltanti, in una logica di bandi, non solo spesso al massimo ribasso, ma che non fanno crescere l’economia sociale, una diversa economia.
In questa intervista che abbiamo fatto mentre iniziava a montare la seconda ondata del Covid-19, un incontro con Vito Intino, che ha una lunga esperienza in materia: già segretario generale delle Acli nazionali, consulente del Ministero per il lavoro, portavoce del Forum regionale del Terzo Settore.
Per Intino finalmente il puzzle della Riforma nazionale del Terzo Settore va componendosi: il Registro Unico Nazionale va finalmente avviandosi, ma soprattutto i confini giuridici ed operativi per chi vuole impegnarsi sono più chiari, la Riforma permette allora di uscire dal “genericismo”, che per molto tempo ha assediato il campo. Anche se “per molte persone non è ancora chiaro”: c’è ancora molta confusione, come sulle “onlus” (che la riforma abolisce).
Non ne è immune il popolo della solidarietà pugliese, nel suo articolato sistema, meno presente che in altre regioni ma pur sempre rilevante. Bisogna riscrivere la normativa regionale nata prima della riforma, bisogna investire in formazione e cultura, per promuovere una nuova economia, un’economia sociale che metta al centro le persone.
Questo e molto altro in questa conversazione, purtroppo un po’ disturbata da una connessione internet che ci ha costretto ad alcuni interventi: quasi una metafora delle difficoltà di buona parte del Mezzogiorno, e un buon esempio di fragilità delle infrastrutture fisiche e immateriali (oltre che sociali, naturalmente) di cui abbiamo urgente bisogno. Ce ne scusiamo con l’intervistato.