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Recensione - “Non per profitto” (Martha C. Naussbaum, Il mulino, Bologna 2011)
Ovvero, la riscossa e il riscatto della poesia, il senso socialmente utile di conoscere filosofi e letterati classici perché le democrazie hanno bisogno di una formazione scolastica umanistica.
Un saggio sulla crisi dell’istruzione umanistica. L’autrice ci ricorda che anche questa questione va messa tra le cose che non vanno, che se fosse affrontata la società civile ne trarrebbe “profitto”. Ma qual è il valore aggiunto disatteso dalla scuola?
Molti Paesi, per sanare i deficit di bilancio operano pesanti tagli alla spesa nel campo degli studi umanistici (diminuendo il numero di docenti impegnati, le loro ore di insegnamento o parti di programma, come nel contesto italiano degli ultimi anni) a favore di abilità tecniche e competenze pratico-scientifiche che hanno certo la loro importanza – spendibile sul mercato del lavoro a breve termine – ma che non bastano a formare futuri cittadini attivi e responsabili. Mentre l’innovazione richiede intelligenze flessibili, aperte e creative, l’istruzione si ripiega sulla nozionismo riduttivo e stereotipato.
Negli ultimi anni si è assistito ad una contrazione dei contenuti di studio storico-letterario nei programmi scolastici (la stessa educazione civica è scomparsa come materia), come se la conoscenza del passato, della letteratura o dell’arte non abbiano più tanto rilievo nell’acquisizione di una coscienza storica, alla base della formazione intellettuale e civile delle giovani generazioni.
Quella dell’autrice non è una difesa estrema della superiorità della cultura classica, ma il voler individuare le conoscenze che nutrono la libertà di pensiero, l‘autonomia di giudizio e il potere della creatività, come componenti essenziali di una educazione partecipativa.
La Naussbaum, da filosofa, considera la cultura umanistica come strumento al servizio di più mature democrazie. Parla, in proposito, di individui capaci di ragionare, immaginare e creare, grazie all’ausilio di un diverso sistema formativo che non sia soltanto orientato verso modelli di crescita economica, spesso deresponsabilizzati e spersonalizzati. Come sosteneva Tagore, il suo maestro indiano, le ideologie nazionaliste basano la loro forza e il proprio consenso sull’annebbiamento della coscienza morale delle masse, per renderla inoffensiva, mentre chi approfondisce gli studi artistici chiede all’immaginazione di superare i confini, vedere le cose da un’angolazione nuova, credere e tentare rivolgimenti sociali importanti.
Avere voce nelle scelte delle politiche che governano la propria vita è fondamento basilare di un’esistenza umana degnamente vissuta: i cittadini devono saper e poter ragionare sulle questioni politiche, esaminare, riflettere e giungere insieme alle conclusioni senza delegare i governanti.
Negli studenti va incoraggiato lo sviluppo di un’autentica sensibilità, la comprensione delle emozioni, delle aspettative e dei desideri propri e degli altri: stimolare l’empatia è parte essenziale dell’educazione e si fonda sulla conoscenza delle materie umanistiche che rendono i giovani in grado di formarsi in modo partecipativo, attivando in sé l’attitudine a vedere il mondo attraverso gli occhi dell’altra persona ed abituarsi a stare un po’ nei suoi panni, pensandosi come ospite capace d’abitare e condividere la dimora altrui che l’accoglie, ad ogni incontro relazionale nuovo.